La Rivista Culturale

martedì 7 giugno 2011

Solletico per l'anima.

A correre sotto la pioggia scappa sempre un po' da ridere.
Avete presente quelle situazioni che mentre le vivi ti fanno sentire dentro a un film?
Ecco, un acquazzone improvviso e tu impotente sotto, a subirti dei goccioloni impietosi mentre non riesci a trattenere le labbra, che senza motivo apparente si distendono all'insù, facendoti esplodere insieme a tutta quell'acqua carica di vita. 
È una specie di solletico per l'anima, la pioggia di un temporale estivo.
Magari sei completamente fradicio, bagnato fin nelle mutande, con i piedi zuppi a furia di navigare nelle pozzanghere al ritmo di un motoscafo, per raggiungere il prima possibile un porto sicuro, una tettoia. 
Un qualche riparo dal diluvio.
E, nonostante tutto, ridere.
Perché sul serio, mica ti preoccupa quell'ondata di umidità che ti investe in pieno.
E ti si deposita, prima tra la pelle e i vestiti, e subito dopo più giù, in quel sottile strato tra le ossa e l'anima.
Perché ogni pioggia ci sciacqua un po' anche dentro.
Un nuovo battesimo, senza nessun Dio a salvare dai peccati. Solo una sensazione di bellezza.
E poi magari non ci sei nemmeno da solo, sotto quello sfogo del cielo. Magari sei con lei, la tua lei, che non stai nemmeno tenendo per mano, non per distrazione ma perché ormai il vostro legame è più profondo di un contatto fisico e sei già andato oltre il desiderio di avvinghiare le tue dita tra le sue. 
Ma l'attimo dopo, l'esatto attimo che segue il tuono che ha spaccato il cielo, un bacio unisce i due corpi già legati nel profondo.
E quell'istante ha già smesso di far parte del tempo scandito dai ticchettii di qualunque orologio.
Mentre tutt'attorno il mondo si fa liquido ed è un concerto di lacrime di gioia riempire gli spazi vuoti tra le gocce. E, ancora, ridere.





Pioggia_ di Charles Bukowski
Un'orchestra sinfonica.
Scoppia un temporale,
stanno suonando un'ouverture di Wagner
la gente lascia i posti sotto gli alberi
e si precipita nel padiglione
le donne ridendo, gli uomini ostentatamente calmi,
sigarette bagnate che si buttano via,
Wagner continua a suonare, e poi sono tutti
al coperto. Vengono persino gli uccelli dagli alberi
ed entrano nel padiglione e poi c'è la Rapsodia
Ungherese n. 2 di Lizst, e piove ancora, ma guarda,
un uomo seduto sotto la pioggia
in ascolto. Il pubblico lo nota. Si voltano
a guardare. L'orchestra bada agli affari
suoi. L'uomo siede nella notte nella pioggia,
in ascolto. Deve avere qualcosa che non va,
no?
è venuto a sentire
la musica.