La Rivista Culturale

venerdì 28 dicembre 2012

cose che si perdono...e che, alla fine di un anno, si ritrovano.

Gli oggetti, in primis.
Quando poi li ritrovi, un po' per caso, un po' perché non li volevi cercare più.
Dei cd di uno scatolone impolverato da strati di tempo che si è addormentato, dei film e delle canzoni che, davvero, non ricordavi proprio più facessero parte della tua vita. Forse perché, nel frattempo, l'hai cambiata, e non riconosci più quella che eri un tempo.

Le fotografie.
Non sono veri e propri oggetti, sono più che altro... frammenti corporei di passato. Alcune di esse scattate per custodire quel momento, per fissarlo volutamente nella propria memoria futura, mentre altre, la maggior parte forse, non avevano quell'intento, le immagini, i volti, i paesaggi, venivano catturati dall'obiettivo solo per ciò che, in quel preciso momento, offrivano.


Gli elenchi.
Di esperienze da vivere, libri da leggere, di film da guardare. Durante l'intero anno vengono accuratamente catalogati su fogli, appesi su bacheche o riposti nel silenzio dei cassetti... e non sempre ci si ricorda di loro. Così è necessario che un anno finisca per ricordarci che abbiamo ancora tanto da imparare, provare, assorbire.

I diari.
Trasudano sentimenti e frammenti di emozioni che, rileggendo le stesse righe scritte da te, sembri non riconoscere più. Sfogli le date, i singoli momenti che impregnano pagine e pagine di quel quadernino durato per così tanto, che hai voglia di cambiare. Forse perché in fondo, quella che vuole essere diversa, sei proprio tu.

Le persone.
A volte si perdono, per trascuratezza emotiva o per distrazione. Quando ne ritrovi qualcuna, e riscopri che quell'affiatamento che vi teneva unite resiste ancora, capisci che continuerà a far parte, per sempre, di te.

I ricordi.
La peggiore delle "cose che si perdono". Quelli che ti possono martellare dentro per mesi, che non si affievoliscono mai e che poi, un giorno, anche solo per uno, non ti fanno compagnia. E capisci che forse sì, si è più leggeri senza un passato alle spalle, ma altrettanto poveri. Dopo che li hai persi per un po', magari tornano, e quando si ripresentano, strisciando in silenzio, come solo loro sanno fare, capisci che quel peso ti è servito a diventare la persona che sei.

E così ho la consapevolezza che ogni momento nascosto nella mia memoria mi terrà compagnia anche quando crederò di averlo dimenticato... come le persone, le frasi di un diario, i baci nelle fotografie...

venerdì 7 dicembre 2012

Presunzione

Il sole di dicembre.
Trovatemi un esempio di presunzione più calzante.
Certo, se escludete le volte in cui ne siete i più candidi emblemi voi stessi. Ecco, presuntuosamente, mi escludo subito da questa mischia.
Mi fingo neve, la bianca e soffice neve.
Che è normale, ce la si aspetta, a dicembre.
La si attende con una certa emozione, anche.
Ma il sole, il sole che ti spacca gli occhi a inizio dicembre no che non te lo aspettavi.
Non scalda. Non fa sbocciare le piante. Non intacca la melanina della pelle.
Sta lì. appeso al nulla, e brilla. Presuntuoso.
Poi, a un certo punto, con un buon preavviso mediatico, sparisce, e nessuno se ne lamenta, perché sta lasciando il posto alla cara neve.

Lei sì che è una brava amante. Ti avvisa, arriva nel momento più consono, quando ormai il freddo non ti lascia scampo. Precipita in silenzio, dolcemente. Si deposita per quello strato che puoi sopportare, senza sostarti addosso un attimo di più. Puoi anche decidere di mandarla via a piacere, basta un po' di sale. A lei brucerà un po', ma asseconderà la tua volontà. Vedi, che amore addomesticato?

Ma io tifo ancora una volta per il sole.
Che ignora il suo "dovere" di scaldarci, prendendoci in giro, trattandoci a suo piacimento e dandoci quasi fastidio, perché nessuno si porta addosso gli occhiali da sole, a dicembre. Ma sicuramente qualcuno c'è. Il premuroso, il previdente, quello sempre attrezzato.
Li invidio, spesso, ma ora no.
Più di tutti invidio il sole che scalfisce da lontano, senza essere coinvolto, solo spettatore.
Che ci prende quasi in giro e si diverte nel vederci socchiudere gli occhi mentre giriamo per strada.
Amore che non si addomestica, forte sempre, anche solo con se stesso.
Amore che non è più bisogno.

"a volte certo capita anche a me di non avere voce per parlare o per cantare
 ma in fondo mi conosco, sbaglio tutti i tempi 
non era questo forse il migliore per i miei silenzi...
e lo capisco bene mentre io ti guardo arrivare da un cielo terso e limpido
che non nasconde alcun rumore 
perdendomi negli angoli del tuo splendore."


Sole_Negramaro, dall'album "Una storia semplice"