La Rivista Culturale

sabato 8 novembre 2014

Una patente per essere mamma e papà (o mamma&mamma/papà&papà)

Entro al supermercato, è sabato pomeriggio. Una lista della spesa breve, in due corsie  dovrei esaurire gli acquisti. Mentre percorro il primo corridoio sento alle mie spalle: "Ma vai a cag...!Che scuse sono...Muoviti cretina!" al che mi volto, incuriosita da quell'exploit di finezza.
Ma rimango decisamente basita dalla scena. A pronunciare questo scempio (perché mi rifiuto di chiamarla "frase") è un signorotto grasso, dai lineamenti piuttosto grezzi, che si è rivolto alla figlia la cui età presumo oscillasse tra i 9 e gli 11 anni.
Quando ho realizzato il contesto non ho nemmeno deciso di tirargli un'occhiataccia torva, perché era una reazione naturale a quel quadretto aberrante. Lui non mi ha notata, continuando a riempire il carrello spinto dalla piccola mentre lui faceva il brillante simpatizzando con i commessi. 
Per tutto il resto della spesa ho notato che le uniche parole pronunciate alla figlia sono state "Muoviti","Stai lì","Prendi".
La bambina lo seguiva in silenzio, con una mano a toccarsi le labbra come per stringerle fra le dita. Come se avesse paura di parlare ancora. 
Alla cassa il signorotto cambia totalmente espressione e modi, fa passare avanti a lui una tizia ma continua a ignorare la sua bambina. 
Ora, forse mi lascio trasportare troppo da queste circostanze. Ma veramente, non se ne può più. Genitori che pensano di avere dei baby adulti appresso, che li riempiono di comandi manco fossero telecomandati e usano parole e parolacce senza collegare lingua a cervello.
E quale risultato può esserci, se non dei bambini dis-educati? Sì perché non sono maleducati, questi piccoletti. Non hanno proprio ricevuto un'educazione, né buona né cattiva.
Vengono su come si potrebbe allevare una mucca destinata al macello. 
Nutriti (a volte decisamente ingozzati, vedi i bambini obesi che crescono a Nutella&patatine, almeno stanno buoni mentre guardano la tv....), sgridati (a caso, il più delle volte) e trascurati. 
Bambini che, come tutti i bambini hanno mille domande che frullano per la testa, a cui però non viene spiegato il perché delle cose. 
Bambini che non hanno conosciuto la dedizione e la pazienza, ingredienti basilari per una crescita sana, a mio parere. Che non hanno condiviso i giochi con i loro genitori, troppo impegnati a pensare ai fatti loro e non ai figli loro.
Genitore etimologicamente significa "colui che dà la vita". Basta questo per diventare mamma? Nove mesi di pancione e poi un bel "chissenefrega"? 
Questo argomento mi spaventa e non poco. Sempre più spesso sento di famiglie problematiche, ignoranti. Che si aspettano una volta mandati a scuola i figli, questi tornino a casa corredati di buone maniere e voti stratosferici. Che se invece poi mancano, son due ceffoni e una punizione assicurata.
E allora veramente, che istituissero un esame obbligatorio per chi ha intenzione di metter su 'a famgghia. 
Chessò, un test  per misurare il grado di dignità con cui queste persone vivono, se possiedono la consapevolezza di essere uomini e donne adulti e non animali che seguono solo istinti ferini.
Mariti e mogli che alternano fasi di litigi furiosi a periodi in cui si ignorano nel modo più assoluto, sostando per un breve tratto nell'area di sosta del "volemose bene". 
Quando tra i due, per caso o per amore(?!) spunta un bambino e gli atteggiamenti non cambiano, ecco, il danno ormai è fatto. 
E allora il bambino si metterà a gridare più forte dei due pazzi che hanno il volume della voce a centomila decibel incuranti di quello che il piccolo può assimilare, degli strascichi che gli restano addosso. 
Poi giocherà da solo, senza riuscire a raggiungere le classiche tappe dello sviluppo infantile, perché la loro mamma è impegnata a sguazzare nei suoi vuoti esistenziali mentre il padre ha la scusante del lavoro. 
Poi capirà che amare significa scambiarsi dei baci e delle parole sentite solo raramente, quando vedrà i suoi eroi (anche i peggiori genitori del mondo restano tali, davanti agli occhi ingenui di un bambino) in un breve attimo di pacifica convivenza.


Con il boom di coppie omosessuali registrato negli ultimi anni si sono aperti dibattiti accesi sulla possibilità o meno di rendere genitori i protagonisti di queste unioni. Ho letto pure un divertente libricino su "perché ho due mamme". Non voglio essere generalista ma considerata la passione con cui lottano per ottenere il diritto di accudire, crescere e amare un bambino, credo che molti di loro supererebbero quel famoso esame per ottenere la patente genitoriale, al contrario di alcuni (non tutti, ma alcuni sì ed è contro questi a cui rivolgo la mia invettiva) che, invece, la famiglia la vogliono tirar su giusto perché devono, mentre è lampante che non hanno nessuna voglia di badare alle loro creature.
A volte gli effetti non sono catastrofici, è vero. Ma non possono certo prendersela con gli insegnanti se i loro figlioli tornano con un diario che ha segnate più note che compiti.
Non possono mancare la comunicazione, il rispetto, la condivisione, e, fondamentale, la pazienza. Certo, anche le sgridate fanno bene. Ma devono sempre essere motivate, così che il bambino capisca che la mamma/papà non è un pazzo insensato.Tutti questi ingredienti sono indispensabili come la farina per fare il pane. Ci puoi mettere l'acqua, il lievito, olio e sale ma di sicuro il risultato sarà un gran pasticcio senza forma e con un cattivo sapore.
Questa considerazione un po' arrabbiata nasce dal fatto che un giorno, spero, avrò a che fare con genitori che verranno a colloquio ed esigeranno spiegazioni sulla bocciatura del loro povero piccolo incompreso. Credo che a quel punto li sottoporrò all'esame della patente genitoriale.
E credo anche che boccerò pure loro.

sabato 15 febbraio 2014

Bullshit about recycled bullshit and on and on.

Per chi sapesse l'inglese, il titolo è chiaro. Molto chiaro.
Traduco per gli amici poco anglofoni: "stronzate su altre stronzate (riciclate) e così via..."
L'ho ripescata tra i miei appunti di un esame universitario, linguistica dei media. Durante quella lezione era venuto a parlarci un esperto di blog, e la citazione (di un tizio, tale Wine se non ricordo male), si riferiva ai contenuti autoreferenziali e vuoti che spopolano nei blog - tutti i blog - del mondo.
Non mi metterò di certo a fare un'apologetica sui contenuti di questi immensi barattoli di materia virtuale, mi limito solo a recuperare la frase per ricontestualizzarla.
Date un microfono a un uomo - qualunque uomo - e vi sorprenderà (forse, addirittura, convincerà?).
Il motto di oggi, di oggi come ieri in realtà, perché ognuno crede sempre di essere nel momento decisivo per la storia, quello che "chissà cosa scriveranno nei libri di scuola tra anni, su questo fatto...", il motto, dicevo, è propinare bullshit.
In ogni modo, luogo, lingua. Tutti devono essere raggiunti dalle bullshit (invariato, non aggiunge s al plurale), per essere persuasi dalla loro forza vuota e dirompente.
No, non sto parlando dei soliti "politici-blablabla". Certo, loro sono degli illustri esempi di quanto una frase possa essere condita, infarcita, insaporita, speziata, cotta e stracotta, e noi elettori, pronti a mandarla giù, assieme alla cena e alla colazione del giorno dopo.
Ma provate, per un attimo, a ripensare alla giornata appena conclusa: quante volte vi è venuta voglia di zittire l'interlocutore, in preda a un attacco di bullshite acuta? Quanti sono i discorsi per cui valga davvero la pena di sprecare tempo (e parole)? Non voglio passare per una di quelle esaltate della "censura del pensiero poco profondo", ma, per l'amor del cielo, (altro intercalare vuoto, giusto per restare in tema), vogliamo veramente tirare innanz (da buoni lombardi!) e ripetere all'infinito lo straziante assioma di "piove, governo ladro"?
Perché alla fine, riconduciamo tutto a due sole grandi, fondamentali categorie discorsive: lo schifo del tempo e della classe dirigente.
Sì, sto generalizzando, e ciò mi urtica, non credete. Ma una svegliata ci vuole, una (ri)presa di consapevolezza di ciò che siamo e delle capacità di cui disponiamo.Che ognuno si faccia delle idee proprie, signori (immaginatevelo in Renzi style) mettiamoci davvero in gioco, smettiamola di belare in gruppo contro o pro il tale fatto o il tale tizio.
Nel teatro del giorno qualunque, ognuno crede di avere un microfono tra le mani (io per prima, usando questo blog come mio palcoscenico). E dunque stupiamo chi ci è accanto, sorprendiamo prima di tutto noi stessi, mandiamo pure Jaki Elkan a quel paese quando (ri)dà a noi giovani l'appellativo di "choosy", ma, per favore, dimostriamo di avere un cervello che sia in grado di produrre altro, oltre allo status di facebook in cui ci lamentiamo di come va il mondo. 

(sì, avevo bisogno di sfogarmi.
E sì, probabilmente potete darmi della egocentrica spara-bullshit, ma almeno questo pezzo di prezzemolo incastrato tra i denti me lo sono tolta. - la metafora del sassolino nella scarpa è un tantino inflazionata, concedetemi questa immagine meno delicata ma altrettanto efficace.)