La Rivista Culturale

domenica 25 agosto 2019

L'arminuta

"Alla mia amica ritornata, ritrovata, ma mai persa".
Una dedica scritta leggera, prima dell'inizio di un romanzo che di titolo fa proprio "l'arminuta", traducibile dall'abruzzese proprio con "la ritornata". Ma se nella storia la protagonista è una ragazzina di tredici anni costretta, appunto, a tornare alla sua famiglia di origine, in un paesino dell'entroterra di cui non conosce abitudini né affetti, nel mio caso... il rientro è stato sì alla terra d'origine, ma una terra con la quale avevo condiviso un quarto di secolo, senza averla mai apprezzata particolarmente.
Anzi.
La Brianza era un luogo da cui allontanarsi, una base per le partenze, certo, il posto che custodiva amicizie, legami, ricordi... ma mai, veramente, sogni. I progetti avevano tutti un altrove, come meta.
La Sardegna è apparsa così, quando si è profilata all'orizzonte: una possibilità di futuro.
Viverla ci ha permesso di scoprire moltissimo, dalle tradizioni locali a nicchie quasi inesplorate di isola. Allo stesso tempo, questi quattro anni sono serviti a capire che quel luogo natio, posizionato strategicamente tra Milano, Como e Monza, poteva essere un approdo.
E così è stato.
Ho terminato le pagine di Papillon, romanzo che mi è stato consigliato proprio sull'isola, mentre i primi giorni dormivamo su dei materassi appoggiati a terra, nella provvisorietà di cui sono fatti i cambiamenti. Con mille idee di arredamento in testa abbiamo girato negozi, consultato siti internet e fatto sì che la nostra casa (sulla terraferma) prendesse forma: la forma dei nostri sogni.
Poi durante una colazione con la mia cara amica G. ho spacchettato una confezione che conteneva, appunto, L'arminuta. Ne avevo sentito tanto parlare, era nella lista delle letture. E in un baleno, eccolo tra le mie mani. La ritornata. Sto apprezzando molto queste pagine, che raccontano utilizzando parole scarne ma piene allo stesso tempo di rapporti difficili, apparentemente impossibili seppur naturali, biologici. 
Ora che sto riallacciando rapporti in tutta la loro fisicità (che prima erano solo telefonate, messaggi, videochiamate... il bene etereo non concreto), ora che posso abbracciare quelle che prima erano solo voci, sento che questi anni lontani non ci hanno cambiati.

"E in un secondo penso a chi mi è stato accanto
In un pensiero lontano
Ma nello stesso momento"

Motta canta così e quante volte ho provato questa stessa gratitudine, mentre ero altrove eppure nel cuore o nei pensieri di qualcuno. Contemporaneamente, però, continuo a portare dentro altri affetti, che hanno nomi e cognomi tipici di chi vive in mezzo al mare, di chi respira salsedine e conosce bene il Maestrale. E so che sarò arminuta anche per questi affetti, prima o poi.


(foto scattata al museo "Stazione dell'arte" di Ulassai: opera di Maria Lai,  Legarsi alla montagna)