La Rivista Culturale

venerdì 13 settembre 2019

Cose nuove, cose belle.

E io che li correggo sempre, i miei alunni, quando usano il termine "cosa": cerca di essere più preciso, "cosa"è vago, trova un sinonimo adatto.
Poi uno cerca il titolo per il suo post e... ci piazza quella parola jolly, perché è forse quella più adatta a descrivere il periodo che sta vivendo, pur in tutta la sua vaghezza.
Scuola nuova.
Colleghi nuovi.
Alunni nuovi.
Nomi da imparare, mani da stringere, sorrisi da condividere.
Entrare in classi che imparerò a conoscere con un entusiasmo da mantenere sempre acceso (adesso è facile, c'è tutta la carica data dall'estate... anche se effettivamente in questa ultima fase la stanchezza è stata tanta).
I ventinove che stanno per arrotondarsi a trenta.
Ovviamente, la più grande novità dopo il trasloco è stato il cambiamento di scuola, e ammetto senza vergogna di aver tremato non poco prima di varcare la soglia del nuovo Istituto Comprensivo.
L'accoglienza è stata al di là delle aspettative, e fin da subito mi son sentita a mio agio in questo ambiente ancora da scoprire. Le riunioni, la condivisione di idee, le chiacchierate serie e semiserie con le persone con cui lavorerò gomito a gomito per questo anno scolastico.
Infine ieri, l'inizio vero.
La prima campanella.
Un'ondata di nostalgia mi ha sommersa, ripensando a quale era stata l'ultima campana (il corridoio di Giba, le classi rientrate dal campetto con i ragazzi fradici di entusiasmo e gavettoni, i loro abbracci un po' bagnati di lacrime di prematura malinconia). Però poi c'erano le prime da conoscere e accogliere, il primo tragitto insieme a loro per salire in aula, scoprire nuovi volti con l'intento di distendere espressioni spaventate in sorrisi di gioia (e forse forse con qualcuno ci sono già riuscita, dato che all'ultima ora di oggi mi son sentita dire "Ma domani non si viene a scuola?? Uffa, ma io volevo venirci!"). Dai primini son passata a quelli più grandi, i ragazzi da accompagnare verso un nuovo traguardo, anche se con qualche difficoltà dato che avrò poco tempo per far breccia nel loro cuore, ma ce la metterò tutta, perché una cosa che ho imparato è proprio questa: trasmetti l'entusiasmo di essere lì, la sensazione di privilegio nel condividere quelle ore insieme a loro e con questa naturalezza ci sarà la miglior restituzione che un insegnante possa chiedere. E questo non vuol dire 10 in tutte le verifiche, perché non è un numero quello di cui sto parlando. Lo sanno bene i miei ex fanciulli, di cui posso andare fiera, perché consapevole del percorso che abbiamo compiuto insieme.

Intanto mi leggo i "compiti per la prof", le dieci domande + una che a cui ho chiesto di rispondere oggi, in classe, così da avvicinarmi gradualmente ad ognuno dei miei alunni grandi. Le prime dieci erano domande sui loro gusti, i sogni o le certezze della loro vita. Anche se credo che l'ultima, la "+ una" invece, potrebbe essere quella rivelatoria dato che è... "fai una domanda alla prof."
Cose nuove, insomma, cose belle.

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