La Rivista Culturale

domenica 20 gennaio 2013

Iridescenza

Com'è?
Com'è quella sensazione di elettricità benefica, che va ad accendere ogni luce nel proprio corpo?
Nessun corto circuito, perché le lampadine che brillano dentro resistono il tempo esatto per gustare quell'emozione, senza che bruci.

Felicità? Banale. Ma dicono si chiami così.
Scorci, squarci, scatti.
Di vita, di ricordi, di momenti.

Come la sera fatta di parole, di silenzi calibrati, di mani che si intrecciano con la tenerezza mai accantonata.
Come le poltrone di un cinema, a ospitare gli spettatori di storie create per divertire, inorridire, entusiasmare.
Come il sorriso che si schiude ma che poi non si chiude.
Come le confidenze, un po' per gli amici, un po' per l'Amore.
E i messaggi scritti che sono massaggi per il cuore.
Come l'infinito in una mamma, come l'instancabile costanza di un papà.
E la risata sciogli-neve di un nonno buono.

Brillano gli occhi perché dentro la luce è accesa.

E sono tutti quei "come" elencati a far risplendere di meravigliosa iridescenza.



mercoledì 2 gennaio 2013

Rough Heart. [Cuore ruvido]

La mano si allungava verso di lui, ma si ritraeva, delusa, non appena ne sfiorava la superficie.
Quel cuore era ruvido.
I pugni chiusi accarezzati in precedenza si lasciavano addomesticare dalle sue mani premurose, ma quel cuore no.
Pulsavano col battito accelerato, al minimo tocco delle dita di lei, dita delicate e lunghe, da pianista.
Anche se lei, nella vita, la musica la sentiva, non la suonava.
E intendo proprio dire che la sentiva, non che la ascoltava.
Poi, nei momenti in cui non c'era una musica, accarezzava cuori.
Ne aveva conosciuti di ogni tipo.
Timidi, che non si mostravano mai del tutto per imbarazzo o pudicizia.
Ma, con la pazienza e la tenacia, lei li incantava, li scioglieva, li liberava dal loro imbarazzo.
Altri invece, cuori presuntuosi e sicuri di sé. Battevano impavidi, al ritmo frenetico di chi crede troppo in se stesso, di chi si basta.
Fino all'attimo prima dell'incontro con le dita di lei, per lo meno.
L'attimo dopo, deceleravano, seguivano il tempo dettato dalle carezze dolci di una mano gentile.
Solo un cuore, precedentemente, aveva fatto titubare le dita di quella mano nata per diffondere amore.
Era un organo che apparteneva già a qualche altra mano, altre dita premurose lo proteggevano.
Era un cuore già al sicuro, che avrebbe anche potuto essere forzato e intrappolato tra il pollice e il mignolo di lei. Ma quelle dita volevano regalare libertà e felicità, non sofferenza.

Infine, si era incagliata in quell'interrogativo chiuso nella cavità toracica più protetta che lei avesse mai visto.
I primi approcci non l'avevano scoraggiata, anzi, le avevano infuso un desiderio maggiore di avvicinarsi al nocciolo delle emozioni, anche se il possessore di quel cuore non sembrava provarne.

Un giorno, finalmente, si era decisa.
La mano si era allungata alla sua massima estensione, sfidando la paura di un contatto ignoto.
I polpastrelli avevano provato un brivido, però.
Il cuore aveva cessato per un attimo il suo battito regolare, trattenuto il respiro, diventato scorza.
Quella superficie era ruvida.
Le dita si erano bloccate, spiazzate di fronte a quella sorta di crosta.
La Macchia Rossa non voleva dita addosso, non voleva dita dolci come quelle.
Rough heart, cuore ruvido.
In realtà, in profondità, quel cuore aveva solo un gran bisogno di essere abbracciato.
Lo aveva iscritto dentro di sé e lei non se ne sarebbe andata mai, fino a che con entrambe le mani, non lo avessero avvolto, riempiendolo d'amore.
rough.
roUGH.
HUG.

venerdì 28 dicembre 2012

cose che si perdono...e che, alla fine di un anno, si ritrovano.

Gli oggetti, in primis.
Quando poi li ritrovi, un po' per caso, un po' perché non li volevi cercare più.
Dei cd di uno scatolone impolverato da strati di tempo che si è addormentato, dei film e delle canzoni che, davvero, non ricordavi proprio più facessero parte della tua vita. Forse perché, nel frattempo, l'hai cambiata, e non riconosci più quella che eri un tempo.

Le fotografie.
Non sono veri e propri oggetti, sono più che altro... frammenti corporei di passato. Alcune di esse scattate per custodire quel momento, per fissarlo volutamente nella propria memoria futura, mentre altre, la maggior parte forse, non avevano quell'intento, le immagini, i volti, i paesaggi, venivano catturati dall'obiettivo solo per ciò che, in quel preciso momento, offrivano.


Gli elenchi.
Di esperienze da vivere, libri da leggere, di film da guardare. Durante l'intero anno vengono accuratamente catalogati su fogli, appesi su bacheche o riposti nel silenzio dei cassetti... e non sempre ci si ricorda di loro. Così è necessario che un anno finisca per ricordarci che abbiamo ancora tanto da imparare, provare, assorbire.

I diari.
Trasudano sentimenti e frammenti di emozioni che, rileggendo le stesse righe scritte da te, sembri non riconoscere più. Sfogli le date, i singoli momenti che impregnano pagine e pagine di quel quadernino durato per così tanto, che hai voglia di cambiare. Forse perché in fondo, quella che vuole essere diversa, sei proprio tu.

Le persone.
A volte si perdono, per trascuratezza emotiva o per distrazione. Quando ne ritrovi qualcuna, e riscopri che quell'affiatamento che vi teneva unite resiste ancora, capisci che continuerà a far parte, per sempre, di te.

I ricordi.
La peggiore delle "cose che si perdono". Quelli che ti possono martellare dentro per mesi, che non si affievoliscono mai e che poi, un giorno, anche solo per uno, non ti fanno compagnia. E capisci che forse sì, si è più leggeri senza un passato alle spalle, ma altrettanto poveri. Dopo che li hai persi per un po', magari tornano, e quando si ripresentano, strisciando in silenzio, come solo loro sanno fare, capisci che quel peso ti è servito a diventare la persona che sei.

E così ho la consapevolezza che ogni momento nascosto nella mia memoria mi terrà compagnia anche quando crederò di averlo dimenticato... come le persone, le frasi di un diario, i baci nelle fotografie...

venerdì 7 dicembre 2012

Presunzione

Il sole di dicembre.
Trovatemi un esempio di presunzione più calzante.
Certo, se escludete le volte in cui ne siete i più candidi emblemi voi stessi. Ecco, presuntuosamente, mi escludo subito da questa mischia.
Mi fingo neve, la bianca e soffice neve.
Che è normale, ce la si aspetta, a dicembre.
La si attende con una certa emozione, anche.
Ma il sole, il sole che ti spacca gli occhi a inizio dicembre no che non te lo aspettavi.
Non scalda. Non fa sbocciare le piante. Non intacca la melanina della pelle.
Sta lì. appeso al nulla, e brilla. Presuntuoso.
Poi, a un certo punto, con un buon preavviso mediatico, sparisce, e nessuno se ne lamenta, perché sta lasciando il posto alla cara neve.

Lei sì che è una brava amante. Ti avvisa, arriva nel momento più consono, quando ormai il freddo non ti lascia scampo. Precipita in silenzio, dolcemente. Si deposita per quello strato che puoi sopportare, senza sostarti addosso un attimo di più. Puoi anche decidere di mandarla via a piacere, basta un po' di sale. A lei brucerà un po', ma asseconderà la tua volontà. Vedi, che amore addomesticato?

Ma io tifo ancora una volta per il sole.
Che ignora il suo "dovere" di scaldarci, prendendoci in giro, trattandoci a suo piacimento e dandoci quasi fastidio, perché nessuno si porta addosso gli occhiali da sole, a dicembre. Ma sicuramente qualcuno c'è. Il premuroso, il previdente, quello sempre attrezzato.
Li invidio, spesso, ma ora no.
Più di tutti invidio il sole che scalfisce da lontano, senza essere coinvolto, solo spettatore.
Che ci prende quasi in giro e si diverte nel vederci socchiudere gli occhi mentre giriamo per strada.
Amore che non si addomestica, forte sempre, anche solo con se stesso.
Amore che non è più bisogno.

"a volte certo capita anche a me di non avere voce per parlare o per cantare
 ma in fondo mi conosco, sbaglio tutti i tempi 
non era questo forse il migliore per i miei silenzi...
e lo capisco bene mentre io ti guardo arrivare da un cielo terso e limpido
che non nasconde alcun rumore 
perdendomi negli angoli del tuo splendore."


Sole_Negramaro, dall'album "Una storia semplice"




venerdì 16 novembre 2012

Elenco d'autunno.

La sciarpa attorno al collo perché sennò "prendi freddo".
Il sorriso attorno al cuore che fa da calorifero dell'anima.
L'espressione di una nonna, dopo che riceve un bacio.
I marciapiedi croccanti di foglie gialle e arancioni.
Il tempo che si restringe, col buio che arriva presto.
Le coperte pesanti addosso, la leggerezza sulla pelle.
Le attese del treno con le nuvolette di fumo sulla bocca, a scandire i minuti.
Correre in avanti col pensiero, verso i regali di Natale.
Prendere il nonno sottobraccio e intanto lui fischietta, come sempre.
I colori della frutta.
Il sole inaspettato che, quando splende, vincendo su nebbia e nuvole, rende Novembre brillante, in questa estate fredda dei morti.




domenica 14 ottobre 2012

La chiamavano Felicità.



Un aperitivo casalingo, condito con chiacchiere, sorrisi e una piadina-fai-da-te,
Che, ovviamente, divido a metà.
Lo scoppiettio leggero delle bollicine di Verduzzo che scende giù nella gola, dopo un cin-cin al futuro pieno        di bei sogni formato extra-large, perché moltiplicati per due.
L'anulare della mano destra, dal 16 settembre 2012.
Il letto disfatto.
I baci inattesi, sempre auspicati.
Foglietti per me, con quel po' di te.
I viaggi passati, quelli futuri. Il presente, in sosta, comunque insieme.
Una felpa larga che mi scalda più delle altre, e so io il perché.
La Buonanotte e il buongiorno. Scritti, letti, e che vogliono trasformarsi al più presto in parole pronunciate dal vivo, l'attimo prima di addormentarsi e quello subito dopo il risveglio.
Condividere tutte le giornate, da quelle zoppicanti a quelle in cui la terra sotto i piedi nemmeno la si avverte più, per la dolce spensieratezza.
La certezza di tutto quello che sei e che sei con me.

e potremmo davvero essere noi, i due protagonisti di Cupid.


...ti respiro e ti trattengo per averti per sempre
oltre il tempo di questo momento.
Arrivo in fondo ai tuoi occhi quando mi abbracci e sorridi
se mi stringi forte fino a ricambiarmi l’anima questa notte senza luna.
Adesso vola tra coriandoli di cielo e manciate di spuma di mare.
Adesso vola.
Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo
a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri.
Tu che sei nei miei giorni certezza, emozione.
Nell’incanto di tutti i silenzi che gridano vita
sei il canto che libera gioia, sei il rifugio, la passione.

 (Mentre dormi, Max Gazzè)

giovedì 31 maggio 2012

il mio eremo virtuale.

Ho voglia di ritornare qui. Dove posso perdermi senza il bisogno di ritrovare il filo delle parole, libera in questo spazio immobile, senza tempo. Sono passati dei mesi senza che scrivessi più, un periodo fatto di impegni concreti, di giorni da vivere "con le mani" più che "con le parole". Ma ora, con il sottofondo di un ticchettio che rende percepibile il tempo che passa, lascio che le mie dita diano corpo (seppure virtualmente) ai pensieri che mi si mescolano dentro.
Ho viaggiato molto, ho vissuto esperienze particolari e indelebili che si sono impresse sulla pelle e al di sotto di essa più di quanto lo possa fare un qualunque tatuaggio. Ho amato e continuo a farlo, prendo fogli e scrivo liste di desideri da realizzare, un giorno. Sogno mettendo sui verbi tanti accenti, "farò", "sarò", "avrò"...e il mio presente assume un senso nuovo se rivestito dell'abito imperfetto del futuro.

Sto leggendo  un libro intriso di una forte spiritualità, un libro "àncora", di quelli che te li consiglia qualcuno di speciale e già dal titolo te ne innamori. Lo ha scritto una donna forte, che ha fatto della solitudine uno stile di vita. Ma riempie le pagine descrivendo quanto sia differente l'isolamento dalla volontà di allontanarsi dal mondo, senza però astrarvisi. Scrive di preghiera, di fede, di semplicità con cui vivere insieme alla natura. Io leggo, e la invidio. Per la sua costanza, per la sua scelta seria e portatrice di felicità. Adriana Zarri è nata a San Lazzaro di Savena, come Guccini. Chissà se si sono mai conosciuti. Di sicuro apprezzati sì.

In questo maggio piovoso è esplosa la natura, i fiori sbocciati anzitempo, le foglie rinvigorite a pesare sui rami impreparati a tale tripudio di vita. E i terremoti improvvisi, esplosi insieme a una bomba. Vite che finiscono, interrotte da qualche carica di esplosivo. Nulla di nuovo per i telegiornali che ritornano a urlarci addosso nomi, a sbandierare volti, a invitarci a puntare dita "contro". Così ci disabituiamo a puntare dita "verso".

Posso dire concluso questo post di spezzoni di pensieri, posso tornare tra le parole già scritte, a cercare un po' di spazio in quell'eremo, che non è un guscio di lumaca.

Adriana Zarri, 1919-2010