La Rivista Culturale

sabato 10 gennaio 2015

Ingredienti genuini.

Mancano sette minuti e poi il biiip biiip del forno mi riporterà alla realtà.
Approfitto del tempo rimanente per la cottura della torta e mi infilo tra le pagine virtuali di questo blog che ancora non ha ricevuto il "benvenuto" nel 2015.
E la spinta a riaprirlo mi viene proprio dalla torta che sta indurendosi, a 170°, dietro di me.
Penso che ci ho messo poco più di un attimo, a prepararla. Mi è bastato aggiungere tre uova, la giusta dose di burro e via. La busta dell'impasto era bell'e pronta nella sua scatolina marcata Cameo.
Avendola già provata so che alla fine verrà buona, certo, quel "non so che" di vagamente chimico non glielo levi mica, ma fa comunque piacere mangiarla.
E così penso a quante cose, ogni giorno, sono facili come la preparazione di questa torta.
Cose in cui non devi metterti a dosare farina, lievito, zucchero... in cui ti basta allungare la mano verso lo scaffale della corsia "dolci" di un qualunque supermarket e in venti minuti di forno puoi gustarti il tuo dessert.
Vanno di moda, queste cose "facili". Poco tempo, buon risultato. Dai Quattro salti in padella alle amicizie di circostanza. Dalle storie che si reggono sulle due gambe che si chiamano "abitudine" e "stanchezza", alle scelte da prendere, che più semplici sono, meno sbattimenti conseguono.
Facili come i commenti spaventosamente ignoranti sulle stragi di Parigi.
Facili come le notizie comunicate da telegiornali che paiono più strumenti di propaganda anti islamica, notizie farcite con glasse già pronte, servite per quelle bocche ingorde solo di dolci di scarsa qualità, purché servano a riempire la pancia.
Io, tante di queste cose facili, le trovo nauseanti.
E delle volte mi capita di rendermi conto di cedere al pensiero "più facile", "più veloce", di convenzione. Altre volte combatto per rendermi costruttiva, voglio avere il sapore, magari meno zuccherino, di un dolce artigianale, alle cui spalle stanno ore di preparazione, difficoltà a reperire gli ingredienti, passione nell'impasto. Sì, una cosa simile a quello che vuole trasmettere la pubblicità della Mulino Bianco di Banderas. Senza allusioni "alla Crozza", ovviamente.
Comunque, fatto sta che il biiip c'è stato da un pezzo e io ho sforato i miei sette minuti.
La Gamberale, nel suo Per dieci minuti (libro leggero "apri-mente", a mio parere), invita a guardare il mondo da una diversa prospettiva, facendo, per dieci minuti al giorno, qualcosa di diverso, di inconsueto, di "non-da-noi". E banalmente dico che, cavoli, a farlo per davvero, quante cose che ognuno di noi scoprirebbe di più di sé e del mondo.
A me sono bastati meno di dieci minuti per rivedere una persona, oggi.
In quei meno-di-dieci-minuti di chiacchiere veloci, incontrate per caso in una corsia del supermercato (non quella dei dolci, però), abbiamo deciso che ci saremmo riviste, e le due ore a ricostruire i nostri ultimi (quasi)dieci anni di oggi sono volate.
E così penso che questa è stata una cosa semplice, sì, ma una cosa fatta di ingredienti genuini. Perché poteva finire lì, in quei due metri quadri di "ciao, ti trovo bene", tra i surgelati e il latte. Invece abbiamo voluto dedicare del tempo all'altra. E questa è una piccolissima meraviglia del quotidiano, che può essere vista con le lenti miopi del "si vabbè, e allora?" o con un fantastico microscopio, che fa apprezzare ogni singolo dettaglio.
Vado a togliere il Cuorcremoso dalla tortiera, spero si raffreddi per tempo.
Fatevi tutti un regalo, per questo 2015. Provate a stupirvi. Voi stessi, non gli altri. Non siate dei semplici "versa e inforna".
Non pretendete di diventare dolci di alta pasticceria, ma sceglietevi gli ingredienti meno "già pronti per l'uso", dedicatevi del tempo per dosare le giuste quantità di zucchero, farina, e lievito, quelle su misura per voi, non già confezionate da altri.