La Rivista Culturale

domenica 24 marzo 2019

Hic manebimus optime _ ovvero la mia gita con le terze medie

Sì lo so, non si dice gita, ma viaggio di istruzione. Pensate un po' che a me è scappato addirittura fuori il termine "vacanza", mentre lasciavamo l'hotel che ci ha ospitati per i nostri tre giorni trentini..
Io ero un mix di ansia, adrenalina, aspettative, dubbi, le ore prima della partenza.
Mi figuravo scenari catastrofici, situazioni assurde in cui saremmo incappati e che mi avrebbero fatto pentire di aver organizzato questa spedizione sul continente... e invece.

Invece non avrei potuto chiedere di meglio.

La Nave Puglia, al Vittoriale
Sono tornata adolescente pure io in certi momenti, come quando prima di cena ce ne siamo stati lì, io e alcuni alunni a chiacchierare e ridere (con veri e propri attacchi di ridarola) nel corridoio soffice di moquette dell'albergo, o qualche ora dopo, mentre camminavamo verso un lago (che per altro causa buio e problematiche con Google Maps non abbiamo mai trovato) e le mie fanciulle hanno rievocato alcune scene del pomeriggio roveretano (una parola su tutte: "Giulyyyy!!" - loro capiranno- ).

cromoProf + alunna @Muse
Ma poi ci sono state anche le confidenze inaspettate, le parole al chiaro di luna per tranquillizzare e quelle alla luce al neon per riappacificare, gli abbracci spontanei, i sorrisi al risveglio muniti di profonde occhiaie di felicità, le infinite scale e i "prof quando si mangia??!", i panini smezzati con loro, le fotografie, le loro battute brillanti... Ho rivissuto una gita di terza media che un po' la mia memoria aveva cancellato ma sono sicura non fosse stata così appagante.
Campana della Pace, Rovereto
Ho cercato di far sì che si godessero appieno ogni scorcio visto, ogni attimo, che fosse di relax, di scoperta o di svago. Li ho osservati mentre ridevano felici, mentre cantavano le loro canzoni che per forza di cose diventano un po' anche mie, li ho scrutati con gli occhi chiusi e dolcissimi, accovacciati sul sedile di un pullman che correva su chilometri di spensieratezza.
Sentire le loro espressioni di stupore mentre con l'indice indicavano le cime innevate delle Dolomiti, o catturavano l'azzurro intenso di un lago che non si aspettavano così bello... Piccolissime gioie di purezza che vorrei conservassero nel cuore.


anfiteatro del Vittoriale, Gardone Riviera
Un'esperienza piena, densa, adrenalinica che è andata a consolidare un rapporto che già sapevamo intenso, ma che ora ha quel di più.
E mentre ero al MUSE, un meraviglioso museo di scienze naturali che consiglio a chiunque, due alunni mi trascinano per un corridoio a suon di "prof venga un po' a vedere chi c'è al piano di sotto! Una nostra conoscenza... venga, venga!" e se la ridono sotto i baffi perché avevano riconosciuto il manichino di Chaplin (tempo fa feci vedere loro un pezzo di "Modern Times"...ed ora eccoli lì a regalarmi un feedback inaspettato, indicando quell'attore buffo).
MUSE di Trento
Oppure il giorno prima, mentre le gambe percorrevano la trincea di Matassone, mi si avvicina un altro alunno e, nel bel mezzo della spiegazione sulla vita di trincea della guida che tanto si vantava di spiegare la "parte umana della storia, perché a scuola si imparano solo le date!", questo alunno mi sussurra: "Beh prof, questa guida parla, parla... ma sono tutte cose che ci ha già spiegato lei!".

Cose banali, apparentemente, ma che sono il regalo più grande per una prof.

Le mie parole saltellano avanti e indietro in questi giorni, a caccia di quei momenti che rimarranno scolpiti per sempre nel giardino dei ricordi più belli. Non in un cassetto di ricordi, perché quelli bisogna aprirli, si rischia di buttarci dentro di tutto e di più e accumulare senza più sapere cosa si è riposto sul fondo.

panorama dal Vittoriale 
 No, io li conservo in un grande prato, magari vista lago, come il panorama che si stagliava davanti a noi dall'anfiteatro del Vittoriale. Una foto su tutte, quei capelli  rosso acceso da sirena che esprimono la personalità di quella alunna dolcissima, ma che a volte si dimentica di esserlo.

"Dai restiamo ancora un altro giorno!" mi implorano dai sedili del bus, mentre il sole tramonta e l'aeroporto si fa più vicino. E pensare che erano partiti quasi col muso, perché loro al contrario di altre scuole, sarebbero rimasti in Italia... 


Già li ho ringraziati, per aver dimostrato di essere ragazzi in gamba, di potermi fidare di loro, anche se ci sono stati momenti di confronto costruttivo, di qualche "no" che serve a farli crescere, anche se crea in loro un dispiacere momentaneo...
Ora che siamo tornati, dopo aver recuperato decine di ore di sonno arretrato, si torna alla normalità. Con il tempo che corre veloce, con i mesi che sembrano scorrere tra le nostre dita come granelli di sabbia. Oltre al celebre "Memento Audere Semper" dannunziano, c'è un'altra frase che il Vate aveva inscritto, nella sua dimora del Vittoriale: "Hic manebimus optime". Qui staremo benissimo.
E così è stato, in questi giorni tra Trentino e Lombardia.
E così sarà, con voi nel mio cuore, dove voi starete sempre benissimo.
NOI.


















giovedì 7 marzo 2019

"Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso."

La stufa ha emesso il suo "bip", che mi avvisa del fatto che basta, è ora di andare a dormire, il fuoco è ormai spento.
Io però non lo so.
Non lo so se ho sonno, se ho voglia di sdraiarmi e chiudere gli occhi.
Perché mi turbinano in testa pensieri, parole, emozioni, che sto provando a buttare fuori saltellando con le dita su questa tastiera.
Sono stati giorni pesanti, giorni in cui l'umore è stato sottoterra, riaffiorava appena grazie a una frase buffa pronunciata da un alunno, grazie a un'attenzione in più di chi mi è accanto e ha imparato come me a non lesinare un abbraccio quando ci si può stringere, una carezza quando la si può posare sulla guancia.

Nella vita, in questi primi 29 anni e un po', ho incontrato davvero un sacco di persone, mi sono imbattuta in storie altrui che si sono mescolate con la mia.
Sento una naturale propensione nel relazionarmi con gli altri, nell'instaurare un rapporto che in certi casi si trasforma in bella amicizia, anche se a distanza. Perché il mare di mezzo c'è, presumibilmente ancora per poco, ma c'è stato in questi 4 anni di vita da isolana.
Messaggi audio scambiati per raccontarsi come si sta, quello che di bello e di meno piacevole accade.

Poi però arriva una telefonata, totalmente inaspettata, e per fortuna che avevo un divano su cui sedermi quando ricevo quella notizia.
Incredulità, amarezza, rabbia, dolore.  Ma come si può misurare un sentimento?  Ne ho provati tanti, mescolati, in pochi istanti. Per tutto il giorno, la notte, il giorno seguente, un tarlo, un chiodo fisso.
Un'empatia profonda con chi è rimasto qui, ma la sua persona se ne è andata.

Perché noi siamo rimasti a portare a termine, o comunque avanti di un pezzetto, quello che stiamo costruendo, a volte senza renderci nemmeno conto dell'enorme occasione che abbiamo, quotidianamente, mentre qualcuno, all'improvviso, non c'è più.
E quando lo vieni a sapere ti schianti a terra, inevitabilmente riaffiorano i ricordi di momenti condivisi, forse non molti ma non è questo che importa. Agganci con la memoria quello che ti compare nella mente, che, ti rendi conto, è tutto ciò che ti resterà per sempre di quella persona.

E il giorno dopo, sei in classe, in piedi davanti ai tuoi alunni a spiegare quanto la vita sia precaria, effimera.

Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie

Sentite gli enjambement? Spezzano il ritmo.
E intanto è la mia voce a incrinarsi, ancora un po'.
Pensi e ripensi.
Ungaretti tuona, un terremoto mi pervade. Primavera ormai esplosa fuori dalle finestre, ma un autunno triste dentro di me, che penso a lei. Che penso a lui che sarà qui per tutto il tempo che resta. Senza lei. Senza il loro "noi".

Assistere alla sofferenza da lontano, impotenti. Ma forse no, un po' di potere me lo dà, questa orribile situazione.

Mi dà la consapevolezza del valore dell'ogni.
Ogni gesto.
Ogni sguardo.
Ogni occasione.
Ogni carezza che non devo trattenere per il mio cagnolone che è sempre più affaticato e nella passeggiata serale mi fa rimpiangere tutte le volte in cui mi trainava con i suoi quasi 40 kg.
Non me le voglio perdere le attenzioni, finché posso dedicargliele. Non si merita che io sprechi il tempo che posso concedergli finché gli sarà dato modo di godere del mio amore.

Un invito, forse banale, sicuramente sconclusionato perché stasera va così, dopo mesi di silenzio dato che le parole le ho riversate tutte sulle persone con cui potevo interagire dal vivo, dimenticandomi di questo posto di cui ogni tanto ho bisogno.
L'invito a dare peso alle normalissime meraviglie della vita, un peso apparente, dato che porta leggerezza a noi stessi.
Percepire le situazioni che si presentano a noi, nella quotidianità, o che facciamo accadere, vivendole come se fosse l'unica occasione per affrontarle.
Non un "carpe diem" generico e superficiale, ma l'augurio di un'intima consapevolezza di quanto un lasso di tempo così breve come una vita, possa sprigionare bene. Perché alla fine, è quello che conta davvero.

Il bene che dai è tuo per la vita, ciò che tieni è perduto per sempre.

Sulle note di una malinconica, disperatamente perfetta, pesante e capace di alleggerire l'anima di chi ha perso qualcuno, con le sue note dolcissime, Everglow.
Forse ora andrò a letto.
Comincia a fare freddo, qui. O forse sono i brividi di queste note che si inchiodano dentro la pelle.