La Rivista Culturale

mercoledì 23 marzo 2011

quel po' di immensità.

                                                                                Bach, Preludio per violoncello.

Riempio di parole il silenzio di una pagina vuota, che chiasso non lo farà mai.
Amo questo, dello scrivere.

Gridare, senza fare baccano.
Piangere, per la gioia o l'amarezza, senza lacrime a inumidire le guance.
Alleggerirmi, senza perdere peso.

Senza un'ispirazione a dirigere un polso inesperto, pattino sulla pista di una sinfonia di violoncello, lanciandomi in acrobazie troppo ardite, ma cariche di emozioni.
Che se poi sento questo bisogno di calcarle su un foglio, premendo sui tasti di un pc o facendo scivolare un po' di inchiostro blu da qualche bic, è solo per me.

"Scrivere è un modo per diventare se stessi."

Mi invade le orecchie la semplicità di questa affermazione.
Ed ecco, allora, il perché di tanto affanno.
Che salgo su un treno e prima di tuffarmi tra le pagine di "Soffocare", provo quell'impulso a mettermi su un pezzo di carta. Ma non ho un segnalibro a inchiodarmi i pensieri lì dove voglio che stiano.
Devo sbrigarmi, devo acciuffare le parole, quelle giuste, quelle per me.
Quelle che mi fanno diventare me stessa.
Non racconto, descrivo, invento, dialogo con la mia immaginazione, aspettandomi qualche risposta.
E poi, sto meglio.
E poi, sono pronta a leggere qualcun altro.
Che, per il momento è Palahniuk. E mi proietto in un mondo surreale, folle, crudo. 
Agli antipodi del mio.

Per tornarci, alla mia realtà, cerco una dose di immensità.
Oggi la trovo in un violoncello. 
Grazie, Bach.




lunedì 14 marzo 2011

"i walk the streets of love", come cantano i Rolling Stones.

Azzurre, quelle gocce di fiume d'anima che seguono lo scivolo di una guancia.
Lacrime.
Dopo il broncio dell'incomprensione, e le parole sconnesse, buttate qua e là, sprazzi di rabbia senza direzione.
Dopo i silenzi, il peso dei silenzi di chi ha bisogno di riflettere per capire da sé e condividere poi, le nuove parole.
E dopo le nuove parole, quelle pensate, disposte con un ordine che risponde alla sintassi del cuore, dopo tutto questo, ecco, finalmente, un nuovo strato di noi.
Quello per cui si è tenuto il broncio, ci si è persi nelle proprie momentanee solitudini per ritrovarsi poi, più belli, più veri. Piastrella posta su una strada sterrata, una via ancora da percorrere, sulla quale si è in cammino da un po', che già sembra tanto ma in un disegno che va fino al futuro appare un semplice inizio.
Camminiamo così, sorreggendoci anche quando sembriamo farci degli sgambetti, perché in realtà sono solo  modi nuovi per conoscere quel po' di più. 
Con le nostre gambe pronte a sorreggere tutti i nostri sogni, instancabili di guidarci su strade nuove, da una "via dell'Amore" ai ciottoli di qualche cittadina straniera, viaggiando con la mente sul sentiero di Santiago, perdendoci per qualche istante in una passeggiata che ci fa credere di essere in vacanza.
E parlavo di lacrime azzurre, con l'eye-liner che cola insieme alla felicità.
Perché quando è troppa, e dentro non ce ne sta più, si rischia di piangere.
Ma è il migliore dei rischi che sono pronta a correre, da qui, al traguardo del nostro percorso.

giovedì 3 marzo 2011

La persona più importante.


«Qual è la persona più importante per te?»
«Tu»
«Pensaci»
«Tu»
«Ti sembra. Poi capita che, che queste persone più importanti si susseguano, si accendano e si spengano come lampadine.
Una volta spegni tu, una volta si fulmina lei.
Poi ne arriva una e resta accesa.
Passano i giorni e resta sempre accesa, non si fulmina.
E quando riesci ad odiarla come odiavi tua madre quando eri piccolo, quando era tutto per te e si metteva il cappotto per uscire,quando vorresti ammazzarla, tradirla, fargliela pagare.
Ecco, quella lampadina accesa sarà la persona più importante».

-dal film "Lezioni di volo"-