La Rivista Culturale

lunedì 14 marzo 2011

"i walk the streets of love", come cantano i Rolling Stones.

Azzurre, quelle gocce di fiume d'anima che seguono lo scivolo di una guancia.
Lacrime.
Dopo il broncio dell'incomprensione, e le parole sconnesse, buttate qua e là, sprazzi di rabbia senza direzione.
Dopo i silenzi, il peso dei silenzi di chi ha bisogno di riflettere per capire da sé e condividere poi, le nuove parole.
E dopo le nuove parole, quelle pensate, disposte con un ordine che risponde alla sintassi del cuore, dopo tutto questo, ecco, finalmente, un nuovo strato di noi.
Quello per cui si è tenuto il broncio, ci si è persi nelle proprie momentanee solitudini per ritrovarsi poi, più belli, più veri. Piastrella posta su una strada sterrata, una via ancora da percorrere, sulla quale si è in cammino da un po', che già sembra tanto ma in un disegno che va fino al futuro appare un semplice inizio.
Camminiamo così, sorreggendoci anche quando sembriamo farci degli sgambetti, perché in realtà sono solo  modi nuovi per conoscere quel po' di più. 
Con le nostre gambe pronte a sorreggere tutti i nostri sogni, instancabili di guidarci su strade nuove, da una "via dell'Amore" ai ciottoli di qualche cittadina straniera, viaggiando con la mente sul sentiero di Santiago, perdendoci per qualche istante in una passeggiata che ci fa credere di essere in vacanza.
E parlavo di lacrime azzurre, con l'eye-liner che cola insieme alla felicità.
Perché quando è troppa, e dentro non ce ne sta più, si rischia di piangere.
Ma è il migliore dei rischi che sono pronta a correre, da qui, al traguardo del nostro percorso.

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