La Rivista Culturale

domenica 28 gennaio 2018

L'oneroso onore della prof.

"Prof, perché non scrive più?"
Me lo domanda A., con i suoi occhioni grandi ed espressivi, mentre parliamo di diari, blog e scritture private.
Allora torno qui, dove posso essere un po' la prof Dilib  e allo stesso tempo quella ragazza che ha voglia di raccontare il suo turbinio di emozioni.
Il nuovo anno è iniziato con le pile ricaricate, nonostante il viaggio verso "il continente" sia sempre piuttosto lungo e impegnativo (tra auto, traghetto e guida su terraferma ci si impiega quasi un giorno intero!), ma tornare poi a casa, qui nella regione in cui o splende il sole o soffia il vento, è stato molto bello. Intanto i giorni da prof trascorrono tra soddisfazioni, sorprese e qualche fatica, ma anche tanta consapevolezza (ogni giorno sempre di più) di quanto sia delicato e allo stesso tempo pieno zeppo di responsabilità il mio lavoro.
Un pomeriggio della scorsa settimana, mentre li rendevo partecipi di quanto io li vedessi cresciuti rispetto all'anno scorso, sempre A. ha esclamato tutta fiera "Sì io sono cresciuta di tre centimetri nell'ultimo mese!".
Io ho sorriso e ho spiegato che no, intendevo crescita interiore. Intendevo il tipo di discorsi che riusciamo ad affrontare, ora più maturi e introspettivi, a quanto a fondo stiamo scavando, sempre di più, tutti insieme, senza la paura di sporcarci le mani con la terra, perché solo in questo modo possiamo scoprire e allungarci interiormente. Non so quanto e come interpretino la mia meraviglia nell'essere loro accanto, durante questa fase così delicata e impegnativa.
Io lo vivo come un oneroso onore.
Chissà cosa rimarrà. Nei ricordi, nel futuro, quando vorranno ripensare al periodo della scuola media. Rievocheranno quelle scaramucce in classe in grado di trasformarsi in un lampo un battaglie epocali, vedendole per quello che sono, ovvero momenti di confronto e di crescita. Assaporeranno un attimo di buonumore quando, nel bel mezzo di una giornata da adulti qualunque, verrà loro in mente una delle splendide risate che esplodevano nell'aula, ravvivando i cuori e i momenti più tesi.
Adoro ridere insieme a loro, lo sento come un modo di affrontare insieme anche le giornate più difficili (e, nell'età della preadolescenza, sono la maggioranza dei giorni).
Chissà cosa resterà di quelle spiegazioni che ora li avvincono, di quelle slide proiettate alla LIM costretti a copiare per il loro bene, nonostante le sbuffate. Le ore di mensa in cui chiacchieriamo di argomenti leggeri, le ore di dibattito e quelle in cui si mettono alla prova.
Le ore in cui crescono, tutte quante.
A volte è davvero difficile incuriosirli. Catturare la loro attenzione è sempre una sfida, ma quando ci si riesce, quando ognuno di quel paio di occhi guizza di curiosità e partecipazione, beh, si vince la più intensa delle sfide. Mani che si alzano, parole che escono a raffica, la voglia di dire, condividere, inconsapevolmente, imparare.
Loro non lo sanno, ma fanno crescere anche me. Mi stanno aiutando a invecchiare nel migliore dei modi.
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