La Rivista Culturale

giovedì 7 marzo 2019

"Possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso."

La stufa ha emesso il suo "bip", che mi avvisa del fatto che basta, è ora di andare a dormire, il fuoco è ormai spento.
Io però non lo so.
Non lo so se ho sonno, se ho voglia di sdraiarmi e chiudere gli occhi.
Perché mi turbinano in testa pensieri, parole, emozioni, che sto provando a buttare fuori saltellando con le dita su questa tastiera.
Sono stati giorni pesanti, giorni in cui l'umore è stato sottoterra, riaffiorava appena grazie a una frase buffa pronunciata da un alunno, grazie a un'attenzione in più di chi mi è accanto e ha imparato come me a non lesinare un abbraccio quando ci si può stringere, una carezza quando la si può posare sulla guancia.

Nella vita, in questi primi 29 anni e un po', ho incontrato davvero un sacco di persone, mi sono imbattuta in storie altrui che si sono mescolate con la mia.
Sento una naturale propensione nel relazionarmi con gli altri, nell'instaurare un rapporto che in certi casi si trasforma in bella amicizia, anche se a distanza. Perché il mare di mezzo c'è, presumibilmente ancora per poco, ma c'è stato in questi 4 anni di vita da isolana.
Messaggi audio scambiati per raccontarsi come si sta, quello che di bello e di meno piacevole accade.

Poi però arriva una telefonata, totalmente inaspettata, e per fortuna che avevo un divano su cui sedermi quando ricevo quella notizia.
Incredulità, amarezza, rabbia, dolore.  Ma come si può misurare un sentimento?  Ne ho provati tanti, mescolati, in pochi istanti. Per tutto il giorno, la notte, il giorno seguente, un tarlo, un chiodo fisso.
Un'empatia profonda con chi è rimasto qui, ma la sua persona se ne è andata.

Perché noi siamo rimasti a portare a termine, o comunque avanti di un pezzetto, quello che stiamo costruendo, a volte senza renderci nemmeno conto dell'enorme occasione che abbiamo, quotidianamente, mentre qualcuno, all'improvviso, non c'è più.
E quando lo vieni a sapere ti schianti a terra, inevitabilmente riaffiorano i ricordi di momenti condivisi, forse non molti ma non è questo che importa. Agganci con la memoria quello che ti compare nella mente, che, ti rendi conto, è tutto ciò che ti resterà per sempre di quella persona.

E il giorno dopo, sei in classe, in piedi davanti ai tuoi alunni a spiegare quanto la vita sia precaria, effimera.

Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie

Sentite gli enjambement? Spezzano il ritmo.
E intanto è la mia voce a incrinarsi, ancora un po'.
Pensi e ripensi.
Ungaretti tuona, un terremoto mi pervade. Primavera ormai esplosa fuori dalle finestre, ma un autunno triste dentro di me, che penso a lei. Che penso a lui che sarà qui per tutto il tempo che resta. Senza lei. Senza il loro "noi".

Assistere alla sofferenza da lontano, impotenti. Ma forse no, un po' di potere me lo dà, questa orribile situazione.

Mi dà la consapevolezza del valore dell'ogni.
Ogni gesto.
Ogni sguardo.
Ogni occasione.
Ogni carezza che non devo trattenere per il mio cagnolone che è sempre più affaticato e nella passeggiata serale mi fa rimpiangere tutte le volte in cui mi trainava con i suoi quasi 40 kg.
Non me le voglio perdere le attenzioni, finché posso dedicargliele. Non si merita che io sprechi il tempo che posso concedergli finché gli sarà dato modo di godere del mio amore.

Un invito, forse banale, sicuramente sconclusionato perché stasera va così, dopo mesi di silenzio dato che le parole le ho riversate tutte sulle persone con cui potevo interagire dal vivo, dimenticandomi di questo posto di cui ogni tanto ho bisogno.
L'invito a dare peso alle normalissime meraviglie della vita, un peso apparente, dato che porta leggerezza a noi stessi.
Percepire le situazioni che si presentano a noi, nella quotidianità, o che facciamo accadere, vivendole come se fosse l'unica occasione per affrontarle.
Non un "carpe diem" generico e superficiale, ma l'augurio di un'intima consapevolezza di quanto un lasso di tempo così breve come una vita, possa sprigionare bene. Perché alla fine, è quello che conta davvero.

Il bene che dai è tuo per la vita, ciò che tieni è perduto per sempre.

Sulle note di una malinconica, disperatamente perfetta, pesante e capace di alleggerire l'anima di chi ha perso qualcuno, con le sue note dolcissime, Everglow.
Forse ora andrò a letto.
Comincia a fare freddo, qui. O forse sono i brividi di queste note che si inchiodano dentro la pelle.




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