La Rivista Culturale

mercoledì 17 luglio 2019

Scatole, pensieri e 4 anni di isola che giungono al termine...

Un'estate diversa dalle altre.
Sì certo, ogni stagione non sarà mai come le precedenti, è inevitabile... ma questa ha un sapore tutto suo, che rimbomba in ogni angolo del palato e fa sentire la propria squisitezza in quei sogni che si stanno per realizzare, la piccantezza delle incognite che comunque il futuro riserva, nonostante tanti punti che prima erano di sospensione, ora siano diventati fermi...e anche un pizzico di agrodolce, per tutto quello che lascerò sull'isola.

Il sei agosto 2015 partivo da quella che per 25 anni era stata la mia casa e mi trasferivo a un mare di distanza, senza troppe certezze (soprattutto lavorativamente parlando) ma con il solito entusiasmo che mi ha dato sempre la carica per affrontare ogni aspetto della vita.
Il primo periodo fatto di lunghe giornate al mare, di passeggiate nei dintorni per scoprire il territorio, di curriculum portati a destra e a manca, di telefonate a segreterie delle scuole per capire dove inserirmi in graduatoria... di coccole a Thorin, con il quale iniziavo a condividere dall'alba al tramonto (notte compresa!) le mie giornate. Di attenzioni di coppia che crescevano sempre di più, che non sono mai mancate e anzi, si sono consolidate instancabilmente.

Mi sono calata nei panni di intervistatrice per un'azienda, mentre aspettavo qualche chiamata come supplente, ho corretto bozze, scritto articoli per giornali online che mi facevano guadagnare 0,00001 cents a click... attendevo senza che il tempo si prendesse il sopravvento, riempivo le mie giornate, i miei occhi di meraviglia. Ogni tanto un po' di malinconia, sapere la quotidianità di amici ormai lontani, le telefonate con la nonna, i messaggi whatsapp nel gruppo "family"... e intanto, girovagare, esplorare i dintorni di Cagliari, provare i piatti tipici, percorrere le viette di Casteddu.

A fine novembre, eccomi in un'aula, per la prima volta da prof: un istituto tecnico di Quartu aveva bisogno di una docente di lettere per due classi del primo biennio, e secondo il punteggio, toccava proprio a me. Ho percorso quei corridoi lunghissimi (quelli delle superiori rispetto a quelli delle medie sono infiniti!), la difficoltà di trovarsi di fronte adolescenti a cui non frega molto di conoscere le civiltà del passato o le regole grammaticali, ma con tanta buona volontà (e qualche momento di crisi, lo ammetto), ho attraversato i primi giorni da prof. Nel frattempo, altre due chiamate: cercavano un'insegnante di sostegno per due alunni, il contratto si protraeva fino a fine lezioni e quindi... ho accettato. Lì è partita una nuova avventura, anzi due, in parallelo: una proseguiva nella scuola superiore, l'altra scendeva di età e mi vedeva protagonista di 6 mesi di scuola media. Qui ho imparato tanto, ricoprendo la posizione privilegiata di spettatore coinvolto: chi pensa che il "prof di sostegno" sia un lavoro semplice o noioso beh, si sbaglia di grosso! Ci si cala in mezzo agli alunni, si instaura un rapporto di complicità rischiando a volte di cadere nell'eccessiva confidenza (cosa di cui non riesco mai a preoccuparmi veramente, e su questo so che dovrò lavorarci un po'...), ma che permette di impostare relazioni di fiducia. Presenziando a lezioni diverse, si riesce a osservare come la conformazione della classe cambi a seconda della materia... quando sono più indomabili, quando invece più mansueti e a proprio agio... cercare di capire i trucchi per creare situazioni favorevoli è stato uno dei miei obiettivi, facendo anche prezioso tesoro di tutti quei comportamenti tenuti da colleghi che, al contrario, creavano situazioni negative.

L'estate che è seguita è stata la prima (e fortunatamente unica) in cui ho dovuto fare domanda di disoccupazione, in quanto il contratto si interrompeva il 30 giugno e chissà poi, quando e se mi avrebbero ricontattata per insegnare... ma nel frattempo avevo sostenuto altri esami, quelli che coronavano il sogno di ogni docente precario: a maggio lo scritto e in piena estate l'orale del famigerato "concorso docenti". L'agitazione era a mille, avevo qui i miei genitori in vacanza pronti a supportarmi nuovamente, e hanno pure presenziato alla discussione della prova finale (il giorno prima avevo pescato l'argomento "la concezione della famiglia in Pascoli e Verga", per cui ho avuto 24 ore per preparare slides e lezioni su questo tema immenso, discusso appunto il giorno seguente davanti a una commissione un po' annoiata e un po' accaldata). 40/40esimi e un bello Hugo per brindare con i miei cari accanto.
E di nuovo, altra incognita... dove sarei finita, a settembre? Ok, avevo ottenuto il ruolo (cosa per la quale sono stata poi guardata con un misto tra stupore/sospetto/sbalordimento da molti, considerata la giovine età), ma la Sardegna è grande e le scuole non sono così numerose e soprattutto, molto sparse e mal collegate sul territorio. Infatti, a settembre, è arrivato il verdetto: mi avevano assegnato prima l'ambito (praticamente la zona del Sulcis, a me quasi del tutto sconosciuta) e poi, via mail, la comunicazione ufficiale: Giba.
Giba.
Ok, ma dov'è sta Giba???
Aprendo google maps, inevitabilmente un coccolone aveva preso il sopravvento sulla mia lucidità... 80 km, 1 ora e 20 di viaggio. Aiuto. No, vabbè, io chiedo la mobilità appena possibile. Questi i miei primi pensieri.
Il giorno del mio compleanno la telefonata per la nomina ufficiale e quindi... sali in macchina, dopo una notte di tempesta che aveva provocato danni a strade e anche a casa (che nel frattempo stavamo sistemando), fai partire il navigatore e immergiti nelle campagne e nelle curve che ancora non lo sai ma diventeranno le tue migliori amiche.
Il resto, è storia...
è finita che la mobilità non l'ho più chiesta, se non durante questo anno scolastico, quando il mio ciclo triennale finiva, l'idea era quella di tornare a vivere in Lombardia e la speranza che fossi presa in qualche scuola della Brianza.
Ho tremato prima di scoprire l'esito del mio trasferimento, dilaniata da milioni di dubbi (e se non lo dovessi ottenere?? E se mi ritrovo di nuovo in una scuola lontanissima??) ma poi il Destino mi ha sorriso, e io non ho fatto altro che rendere quel sorriso mio.

Ora siamo circondati da scatoloni, alcuni vuoti altri già imballati. Quattro anni non sono facili da sintetizzare, né da inscatolare. Qui lasciamo soprattutto ricordi. Ci portiamo via quello con cui siamo venuti, ma molto lo abbiamo accumulato stando qui... oggetti comprati (direi per la maggior parte libri 😅), fogli scritti dai miei (ormai non più "miei") alunni, riviste, regali ricevuti...
Affronteremo l'ultima di tante, troppe traghettate verso il nord, carichi di oggetti ma senza il nostro scodinzolante Amore. Incominceremo un nuovo percorso vicini agli affetti, ma con un vuoto che non passerà mai, dentro. Lasciare questa casa per certi versi è un sollievo, perché negli ultimi mesi aleggia una costante mancanza, un silenzio a cui non riesco ad abituarmi. I miei occhi lo cercano ancora, ingenuamente, le mie orecchie credono di percepire i suoi movimenti, che invece non ci sono più, se non nella parte migliore dei miei ricordi.

In questi giorni sto vivendo una calma di cui sentirò sicuramente la mancanza, quando poi sarò immersa da impegni, indaffarata con tutte le novità che ancora ignoro, circondata da amici che non vedo da tanto... e così sto cercando di godermi appieno gli ultimi giorni di Sardegna, un'isola di contraddizioni, un luogo paradisiaco per certi versi e maledetto per altri.
Vivere qui è significato sacrificare certe cose, certe comodità (chi vive su un'isola da sempre forse non si rende conto delle privazioni cui questa costringe, ma per chi è abituato a vivere dove ha qualunque cosa a un tiro di schioppo beh... non è semplice), scoprire spiagge incantevoli e arrabbiarsi per lo stato di abbandono e degrado di certe zone dal potenziale altissimo. Mi mancherà la pizzeria di fiducia vicino casa, i panorami mozzafiato, la litoranea in qualunque mese dell'anno; mi mancherà il Poetto con i suoi fenicotteri sulla destra e la distesa di sabbia e mare dall'altra parte, mi mancherà provare locali nuovi in centro città, alzare gli occhi e vedere che il cielo non ha nessun tipo di limite perché l'orizzonte è sempre più lontano di qualunque casa possa ostacolarlo. Mi mancherà percorrere quella strada infinita che mi portava da loro, i miei musini monelli e bellissimi.
Mi mancheranno, Dio se mi mancheranno, ognuno di loro.

Ho conosciuto molte persone, alcune delle quali porterò nel cuore, anche se non ho stretto tante amicizie quante sono sempre stata abituata ad averne e sicuramente questo è un sintomo dell'avere (quasi!) trent'anni, ma come dicevo a inizio post, in questa lunga parentesi ho coltivato comunque sia il rapporto sia con chi ho la fortuna di avere quotidianamente al mio fianco, che con persone che vivono lontane. Alcune molto, molto lontane... amicizie oltreoceaniche che si consolidano in messaggi audio infiniti, mandati ogni giorno per raccontarsi tutto e niente, ma che sono diventate una irrinunciabile routine. Amicizie che resistono inalterate grazie a telefonate, fotografie di nipotine acquisite in crescita, aggiornamenti e progetti per "quando torneremo su"... E ora che quel momento è sempre più vicino, provo una sensazione strana, come di incredulità. Come sarà, tornare a vivere nei posti che conosco tanto bene, dopo questa pausa di lontananza? Le relazioni si manterranno all'altezza delle mie aspettative, si rafforzeranno ancora di più, come immagino? Che tipo di prof sarò, in quella scuola media che mi è stata assegnata? Tante domande, ma non provo ansia nell'attesa delle risposte. Mi godo quello che accade, giorno dopo giorno, coi progetti che man mano prendono forma, con il frigo che si svuota prima della partenza, le ultime spese dal mio fruttivendolo di fiducia, le ultime (e queste sì, che diavolo, queste mi mancheranno eccome!) passeggiate sulla spiaggia al mattino presto, quando il mare sprigiona la calma e la bellezza più sincera del suo azzurro, o al tramonto, quando tutto si colora di romanticismo e qualche ondina scuote la superficie di quell'immensità di cui i miei occhi non sono mai sazi.

Un'estate diversa dalle altre, dunque, un'estate in cui tanto della mia vita cambierà.
E io, coi miei ventinove anni in scadenza, sono proprio pronta, a scoprire il gusto di tutte le stagioni che verranno. Anche se una parte di me sarà sempre su quella spiaggia dietro casa, a passeggiare insieme a lui.




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