La Rivista Culturale

lunedì 29 agosto 2022

Costellazioni di ricordi per un anno indimenticabile.

Dodici mesi e un po'.
Un periodo di tempo enorme, volato via con la stessa facilità con cui una piuma si sposta con un soffio.
Ripercorrerli per me, per abbracciare con le parole tutto quello che c'è stato fino ad ora.

I tanti libri letti nel cuore delle notti dei primi mesi, durante quelle parentesi di quaranta minuti scandite dalla fame di un cucciolo d'uomo.
I film non visti al cinema, nessun accesso a una sala cinematografica da quasi due anni, un record (ahimè negativo) che mai avrei pensato di raggiungere. Ma al contempo tutte quelle serie tv, documentari e film che hanno affollato lo schermo durante le  serate casalinghe.
I km macinati a spingere il passeggino, su e giù per strade asfaltate, sconnesse, piacevoli, tortuose.
Quei pochissimi accessi a scuola, per un saluto veloce, con la mascherina, con la distanza, col cuore che batteva forte ma a proprio agio in quei corridoi che non erano più la mia quotidianità.
Le infinite cioccolate bevute in quella pasticceria raggiunta sempre a piedi, allungando il percorso tra chiacchiere e confronti con amiche e i loro pargoli.
Le note audio lunghe, lunghissime (lo so, il dono della sintesi non mi appartiene, perdonatemi!) con aggiornamenti, aneddoti, racconti.
Le vacanze che comunque non ci siamo fatti mancare, con quel sedile anteriore occupato da un musetto che si specchiava e sorrideva per quel po' di viaggio da sveglio (evviva l'effetto soporifero dell'auto!).
Il lago in autunno, le escursioni in una vallata semisconosciuta al confine con la Francia, la città dell'Amore per eccellenza percorsa col marsupio e il suo corpo avvinghiato al mio, con tanto di tappa nella basilica dedicata a San Zeno. La sosta di qualche giorno in quel paesino immerso in un paesaggio che ci ha subito ricordato le Highlands, visitate anni fa. La primavera che arriva timida e le giornate con un piacevolissimo sole a percorrere sentieri di montagna. 
Maggio e il tempo di tornare sull'Isola, con una nave e un tragitto lungo quasi un giorno intero affrontato con con più facilità del previsto, per approdare all'appartamento vicino ai fenicotteri, vicinissimo al mare del Poetto. Pizzette sfoglia a non finire, bagni al sapore di prima volta, piccole conquiste, i giochi con la sabbia. Castelli da creare con le canzoni, come ci insegnava la nonna, (e le coccole, quante coccole di una mamma al quadrato, raddoppiate, per me e per il suo adorato piccoletto che viziava di cibi e di giochi a non finire). 
Il rientro dopo quel mese intenso e leggero, un'estate di Brianza, cene con amici, sere al sapore di sagre, di parchi, prima di ripartire con una macchina ben organizzata e incredibilmente snella, nonostante fosse piena di tutto quello che avrebbe potuto servire a due adulti e un bambino che nel frattempo ha imparato a fare "uno" col dito, in risposta alla domanda "quanti anni compi?". 
Vallate verdissime, animali di fattoria, cibi genuini, escursioni lente, ma anche immersione di azzurro per gli occhi mai paghi di paesaggi indimenticabili. Cascate, laghi incredibili, e poi un po' di mare più turistico, di folla e di primi passi incerti sulla sabbia fine con le mani ben salde in quelle del suo super papà. 
La ciambella gialla e i bagnetti nell'acqua trasparente di un'isola felice, proprio come lo eravamo noi. 
Il rientro che ci fa ancora ridere quando lo raccontiamo a qualcuno, quasi 8 ore consecutive di auto con un dormiglione patentato seduto dietro di noi e la nostra voglia di fare colazione che ci ha costretti a svegliare con grande difficoltà il bell'addormentato per una sosta veloce in Autogrill. 
Un agosto trascorso senza gite particolari, dedicato all'organizzazione di una festa grande e colorata per il primo compleanno di Zeno, e poi altre cene, altre passeggiate, altri pomeriggi con amici, con i nonni che ritornano un po' bambini, le zie che si spupazzano il piccolo vichingo biondo. Un bambino che si fa amare per la sua incontenibile gioia con cui affronta qualunque aspetto della vita (a parte l'attesa tra un boccone e l'altro durante i pasti, su quella dobbiamo ancora lavorarci!).
Nel frattempo vaccini, denti che spuntavano tra pianti più o meno drammatici, giretti al mercato il martedì dove oramai qualunque bancarella ci conosce, prime pedalate in bici con un caschetto blu e un seggiolino datoci temporaneamente (grazie amici), vestiti regalati, prestati, scambiati. Giochi e libri, tantissimi da sfogliare, riconoscere, coi quali interagire. Pannolini, montagne di pannolini di qualunque taglia (ma tendenzialmente sempre la stessa marca, oramai una garanzia!).
Spazzolini da denti mignon (più masticati lungo il manico che usati nel modo corretto dal lato delle setole!), cucchiaini stretti in una manina che nel giro di qualche mese è passata dall'afferrare grossolanamente pezzi (di pasta, verdure, frutta, polpette e chi più ne ha più ne metta) a brandire, ora, utensili carichi di cibi che viaggiano verso una bocca sempre felice di essere spalancata.
Le canzoncine ballate con gli indici rivolti in su. Gli stessi indici che puntano al cielo se passa un aereo, alle parti del corpo se vengono nominate. 
La musica di Robbie Williams che funziona come tranquillante per le situazioni di emergenza, mentre prima non poteva che essere "When you believe" (brano probabilmente più trasmesso dalla nostra Alexa!) ad accompagnarlo verso il mondo dei sogni.
Nel frattempo informarsi, confrontarsi, leggere libri, post, blog, newsletter per capire come funziona il cervello di un neonato, quali attività sono più adatte, cosa si rischia di sbagliare e qualunque dubbio o curiosità mi balenasse, perché io coi bambini così piccoli non ho mai avuto a che fare e quindi che paura! Prima di immergermi a capofitto in giornate e nottate con un esserino del tutto dipendente dalla sua mamma e papà. E quindi via, si sfruttavano momenti, ore intere, per approfondire qualche aspetto particolare, scovare dei giochi casalinghi, imparare a interpretare bisogni e soprattutto imparare a gestire le proprie emozioni da genitore, cercando di far bilanciare una parte razionale altrimenti inglobata dall'emotività immediata in risposta a un atteggiamento o un pianto che non sapevamo interpretare (e qui un grazie gigantesco a quanto l'altra metà della coppia ha saputo indirizzarmi verso la tranquillità sempre e comunque, tanto difficile quando si è calati dentro una specifica situazione ma altrettanto necessaria). 
Se c'è una cosa che appunto non è affatto mancata è stato proprio il tempo: un anno in cui potevo gestire tutto quello che vivevo senza la paura trascurare qualcuno o qualcosa, perché l'unico obiettivo di ogni giornata era consolidare un rapporto, una simbiosi a tre che è stata costruita con grande naturalezza e bellezza.
Ora si riparte, con una voglia propria di chi ama quello che ha scelto di svolgere come lavoro, ma anche con quel pizzico di incertezza su come riuscirà a districarsi tra tutti quegli impegni ben noti, le lezioni che si cerca sempre di personalizzare al massimo, le classi da riprendere e quelle da conoscere da zero. Ragazzi mutanti con i loro anni da preadolescenti addosso a cui non sanno ancora bene che forma dare e noi insegnanti lì, a provare a dimostrarci presenti ma non troppo ingombranti, interessanti ma non eccessivi, decisi ma non autoritari. Colleghi nuovi, ritmi da riprendere e da far conciliare con quella nuova me, forse più organizzata di prima, grazie a questa incredibile esperienza in cui non sapevo bene se mi sarei piaciuta o meno, ma dopo un anno e poco più posso affermare con soddisfazione che questa mamma Giulia mi piace molto.
In quest'anno così carico di emozioni e prime volte (per me, per noi come famiglia, per Zeno) tante sono state le persone fondamentali, e non mi metterò di certo a elencarle tutte, tanto loro sanno già. E non intendo solo chi mi ha instancabilmente teso una mano, offrendomi presenza e supporto, ma anche a quanti hanno avuto il piacere di seguirmi, ascoltarmi, dedicarmi il loro tempo e i consigli preziosi.
Ho riscoperto e coltivato rapporti, condividendo pezzi di vita (e di passeggiate, giochi, merende coi nostri marmocchietti!), altre relazioni si sono consolidate, per altre ancora ho vissuto passo passo con amici decennali momenti di grande entusiasmo e spensieratezza, ma anche dolori ineffabili difficili portare sulle spalle e nel cuore. 
Spero di essere stata solo un decimo di quanto l'insieme di tutte queste persone sono riuscite a donarmi, perché se nei primissimi mesi ero avvolta nel mio (nostro) nuovo "guscio" di famiglia, col passare del tempo mi sono sentita sempre più a mio agio, cercando di vivere e far vivere tante più esperienze di normalità possibili a quel fagottino gigante che ora sta dormendo a una stanza da me. 
E stanotte so già che mi dovrò alzare quel paio di volte per sistemare un ciuccio perso nel lettino che ha scatenato un momento di pianto nel sonno, o rimettere in posizione supina quel corpicino che, sempre durante la nanna, ha deciso di cambiare posizione gattonando sul materasso o sedendosi nell'angolo della sua tana notturna (il tutto sempre con gli occhi chiusi in qualche sogno). Ma, anche se lì per lì sbufferò, so già che nel giro di poco questa sensazione verrà rielaborata (come è stato per tutti quei momenti difficili vissuti) e resa edulcorata dalla memoria del cuore. Perchè se riguardo indietro con la lente di ingrandimento ripesco con molta più semplicità manciate di momenti raggianti, o perlomeno sereni, rispetto a quelli più cupi (che comunque ci sono stati ma viva la memoria selettiva).
E se proprio dalla mia memoria ci sono delle sensazioni che non andranno mai via, emozioni che solo io ho potuto provare, che ho cercato di imprimere nella carta di un diario, o di raccontare con una voce incapace di restituire tutta quell'enormità, beh, so per certo che ognuna di queste briciole di recente passato non può che creare una splendida costellazione di ricordi a cui andrò ad attingere quando ne avrò voglia o bisogno. 
Chiudo questo lunghissimo flusso di pensieri sparsi, concentrati, notturni, con uno scatto rubato di qualche settimana fa: Zeno nel suo posto preferito che riesce a mettersi in piedi per arrivare più in alto. Perché in quella che sembra una cartolina di una pubblicità, ci vedo racchiuso il senso di questo anno in cui un essere vivente che ancora non articola frasi di senso compiuto (se non la parola "pappa" accompagnata da lallazioni e suoni gutturali simpaticissimi) ha attribuito un nuovo senso ad ogni mio giorno.

I neonati e i bambini hanno bisogno di qualcuno da cui copiare la felicità e di qualcuno insieme a cui essere felici.
                                                                               Mary e Robert Goulding

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